17 Apr 2025
Pratiche di urban commoning per l’economia locale. La ricerca per un Osservatorio delle comunità localizzate nell’area urbana napoletana
bani possono essere considerati come dispositivi utili ad interpretare e soddisfare bisogni sociali. Il motore che ne è alla base, identificato dalla comunità, è attivato dalle relazioni sociali che la compongono. Il dispositivo si attiva, solitamente, intorno ad una risorsa, in questo caso, uno spazio urbano, ad esempio, un immobile abbandonato, ma anche uno spazio verde lasciato incolto. Esso è reso funzionante ad opera di una comunità, formata, in genere, da gruppi di persone residenti, che decide di auto-organizzarsi (ma anche di auto-regolamentarsi) per usare la risorsa senza consumarla.
Alla realizzazione ed al riconoscimento delle pratiche di commoning, concorrono, in un sistema di governance collaborativa, nel caso Napoli, gli attori del Comune, ovvero l’Assessorato all’Urbanistica e ai Beni Comuni e l’Osservatorio sui Beni Comuni e la Democrazia Partecipativa e, di volta in volta, le singole comunità. Ovviamente, in tale contesto potranno aversi notevoli diversità, che a vario livello definiranno le specifiche comunità dei commons, caso per caso. Nei tempi più recenti, alcune di queste pratiche sono state incluse in progetti più ampi di rigenerazione urbana. In questi casi, si è aperto un intenso dibattito in materia di valutazione di impatto e di analisi del risultato delle attività poste in essere dalle comunità dei commons.
In questo ambito, le nostre ricerche hanno evidenziato un ampio bisogno di aggiornare le conoscenze che la dottrina ha finora fornito, innanzitutto per riuscire a rilevare il contributo delle variabili qualitative (fiducia, reciprocità, dono, partecipazione), sia per arrivare a stabilire categorie di valutazione omogenee e condivisibili tra gli attori della governance del progetto.